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Deep - Un'avventura in fondo al mare: il pericolo dell'inquinamento mostrato sotto forma di sorrisi animati

Superare i confini dell’ignoto e avventurarsi là dove ci è stato proibito andare è una delle sfide più sfruttate narrativamente al cinema. Il senso di ribellione dei giovani si trasforma in un’odissea personale piena di ostacoli da superare e segreti da rivelare. Quello affrontato da Deep nel film d’animazione diretto dal regista spagnolo Julio Soto Gurpide e intitolato per l’appunto Deep – un’avventura in fondo al mare, non ha nulla dell’avventura tra le onde australiane di Alla ricerca di Nemo, o le scalate adrenaliniche affrontate da Sid, Manfred e Diego ne L’Era Glaciale. Dietro la semplicità di un racconto fin troppo abusato, si nasconde la denuncia di un’azione crudele compiuta dall’uomo ai danni dell’ambiente.

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La trama, semplice e lineare, ha inizio in un fondale dell'Oceano Atlantico del 2100. Qui il saggio nonno Kraken ha creato un’oasi sicura a salvaguardia della flora e della fauna della propria colonia scampata al disastro planetario causato dagli umani. Il nipotino Deep, un piccolo polpo, sogna però di uscire da quel guscio che lo tiene prigioniero. Un desiderio che si avvererà quando il piccolo, in compagnia di Evo (una rana pescatrice) e Alice (una gamberetta) avvia inavvertitamente un siluro abbandonato da tempo, la cui esplosione intrappola gli abitanti della propria casa natale mettendoli in una situazione di estremo pericolo. L'unica soluzione per trarre tutti in salvo è rintracciare la balena bianca Nathan, il solo in grado di poter spostare la gigantesca roccia che blocca il passaggio ai propri amici.

In Deep il grido di ribellione di un’altra giovanissima come Greta Thunberg prende le forme di un piccolo polpo giallo, curioso e in cerca di avventure pronto ad affrontare il mondo di quegli uomini conosciuti soltanto attraverso gli oggetti da loro creati e trovati qua e là sul fondo dell’oceano. A segnare il confine tra il mondo dei pesci e la città degli uomini è, non a caso, proprio una cortina di spazzatura, simile per grandezza e pericolosità a quella che riveste sempre più i fondali marini, soffocandone ogni singola bellezza e spegnendone i colori.

I tesori che il piccolo protagonista custodisce all’interno di bauli come reliquie preziose, sono in realtà accumuli di quella stessa spazzatura che toglie loro la vita. Spazzoloni per il bagno, bambole di plastica, sacchetti della spesa, diventano agli occhi di pesci curiosi e ingenui, materiale di divertimento e armi di ribellione. Un po’ come accadeva nella vita di Ariel nel classico Disney La Sirenetta, gli oggetti creati dall’uomo sono esche pericolose che tirano all’amo pesci curiosi, minandone l’esistenza. Se per la sirenetta disneyana questi oggetti non erano altro che simboli della sua insofferenza per un mondo che le andava stretto, come quello di Atlantide, in Deep quegli stessi oggetti diventano segnali di allarme di un’azione incontrollata e purtroppo reale, che porterà alla distruzione di un mondo colorato e unico come quello marino.

Le scorie radioattive e le macchie di petrolio che accompagnano l’avventura dei piccoli pesciolini sono dunque impronte silenziose, ma indelebili, del passaggio disastroso dell’uomo sopra la loro superficie. Un colonialismo tossico che avvolge sempre di più il nostro pianeta, addolcito (come compiuto dieci anni fa dalla Disney Pixar con Wall-E) da un divertimento semplice e fanciullesco. Così facendo si facilita quel delicato processo di immedesimazione tra il piccolo pubblico umano e i protagonisti acquatici, avvicinando e sensibilizzando i primi al problema del cambiamento climatico e alla sua portata distruttiva.

L’animazione è perfettamente in linea con la struttura narrativa che ne sta alla base: semplice e alquanto distante da quella resa visiva attenta, verosimile e precisa vantata da casa Disney. I colori, i contorni e la costruzione scenica ricordano molto quelli di Shark Tale, film d’animazione antecedente di ben quindici anni a Deep; uno scarto pluridecennale, questo, che sottolinea quanto poco sperimentalismo sia stato qui applicato per non far eccedere il visivo sul narrato. In questo modo il pubblico a cui è destinato, piccoli spettatori delle scuole elementari, possono facilmente comprendere il messaggio portante della storia del piccolo Deep: la distruzione del pianeta a causa dell’inquinamento. Un messaggio quanto mai sentito dallo stesso regista (autore tra l’altro di numerosi e interessanti documentari), appassionato di immersioni. Colpito dal degrado dei fondali, Gurpito ha infatti sentito l’esigenza di narrare lo status disastroso in cui la natura vige; una necessità che trova nella fiaba animata classica la forma migliore di soddisfacimento e divulgazione a livello non solo mondiale, ma generazionale. Nella sua semplicità, Deep è infatti un prodotto adatto a ogni tipo di pubblico, dai più piccoli ai più grandi. Perché non c’è limite di età nel processo di salvaguardia dell’ambiente.

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